We take care of our own (Bruce Springsteen)
Scrivevo in un pezzo del 28 aprile scorso, “Niente Brexit, siamo inglesi: perché al Regno Unito non conviene lasciare la Ue” che il risultato del referendum era ovvio, e lasciavo anche intendere tra le righe che la vittoria sarebbe stata di dimensioni comparabili a quella ottenuto dal remain nel referendum del 1973, quando due terzi degli aventi diritto al voto si espressero a favore della permanenza. Di più: ieri, giovedi 23 giugno, ho scritto il pezzo che avrei pubblicato oggi, venerdì 24, debitamente ‘ripulito’, a vittoria confermata. E adesso debbo scriverne un altro. Ben mi sta. Perché?
1. Perché ho sbagliato previsioni/1. Essenzialmente ho sbagliato perché ho ragionato da economista o, meglio, perché ho assunto che i cittadini britannici avrebbero dato molto peso alle considerazioni economiche, cioè alle perdite economiche che avrebbero subito (subiranno) con la sconfitta del remain. Non glielo hanno dato. Il che sta a dimostrare che ho sottovalutato drammaticamente il ruolo che avrebbero (hanno) avuto le considerazioni ideologiche, l’appartenenza etnica, la paura del confronto. Drammatico. Scrivevo che il popolo è conservatore: errato, il risultato di questo referendum dice che il popolo è reazionario, che vuol tornare allo status quo ante.
2. Perché ho sbagliato previsioni/2. In secondo luogo ho sbagliato perché ho dimenticato i miei studi di scienze politiche, dai quali avevo imparato che le élite politiche sono indispensabili per far funzionare un sistema a democrazia rappresentativa. Pensavo che il ruolo delle élite fosse diminuito nel tempo, che l’aumento di istruzione, di reddito pro capite, il miglioramento delle condizioni di vita in generale, avessero prodotto capacità di analisi e livelli di coscienza crescenti, elevati al punto da avere il sopravvento sugli istinti tribali. Errore, quel ruolo è cruciale oggi come trent’anni fa. La miseria delle élite politiche europee, e in questo caso di quella britannica in particolare, sono la causa profonda di questo risultato di oggi.
Pensieri su ciò che avverrà
►Spinte alla disintegrazione della Gran Bretagna
Questo è uno dei problemi che in questo momento mi preoccupano di più. Il voto pro-remain è stato forte a Londra, in Irlanda del Nord, in Scozia. Le spinte centrifughe entro la Gran Bretagna saranno forti, e qualcuno parla già di una Gran Bretagna ridotta a un’unione tra Midlands, ovvero le zone centrali al di sopra di Londra, e Galles. Allo stesso tempo, in Irlanda del Nord lo Sinn Féin ha già chiesto un border poll di avvicinamento all’Irlanda, paese fortemente pro-Ue. E sembra che la Scozia voglia rimettere sul tavolo la questione del proprio referendum sull’uscita dal Regno Unito. In tutto questo, il grande statista David Cameron si dimette: élite politiche miserabili, appunto.
►Spinte alla disintegrazione dell’Unione
La destra francese, quella olandese, quella italiana hanno già annunciato che “adesso è il nostro turno”. E basta guardare ai governi in carica in quei Paesi per farsi venire la pelle d’oca. Leggo che il governo tedesco, immagino per bocca del suo ministro agli Affari europei, ha convocato un incontro urgente dei rappresentanti dei sei paesi fondatori della Comunità Economica Europea (Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Olanda, trattato di Roma del 1957). Bene, questo mi incoraggia. Certo, non rassicura il fatto che l’incontro sia riservato ai sei fondatori, come che questi fossero i depositari della fede, quelli che possono dare l’interpretazione autentica del disegno dei padri fondatori. Del resto, con le spinte xenofobe e separatiste tanto forti in tanti paesi, forse è bene tenere i loro governi fuori da questo primo ‘abboccamento’. Non so, occorre rifletterci.
► Instabilità finanziaria
Della estensione e pervasività della volatilità che vedremo nei prossimi giorni, settimane, probabilmente mesi e anni stiamo avendo un assaggio già in queste prime ore. Il dollaro Usa e l’oro tornano punti di riferimento di mercati alla ricerca di sicurezze, e il decennale tedesco passa per la prima volta a pagare un rendimento negativo. Si sta rifuggendo da sterlina inglese e da azioni e obbligazioni britanniche, ma si sta rifuggendo anche da quasi tutto ciò che è europeo, e in particolare dalle emissioni di governi dei paesi ‘periferici’ quali Grecia e Italia e dalle azioni delle imprese ivi localizzate.