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Questione di feeling… e di welfare aziendale

In un’azienda su sette il clima è ostile, irrespirabile. La gentilezza è la strada della virtù e della produttività. Un progetto in cantiere che parla di “imprese virtuose” e dell’importanza del welfare aziendale. Perché le persone che stanno bene, lavorano bene. Dunque, “people first”

Pubblicato il 18 Apr 2016

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Leadership autoritaria, gestione del personale poco equa, accentramento decisionale. Atteggiamenti e toni di continuo rimprovero verso colleghi, irascibilità e mobbing psicologico, ripetuti quotidianamente, risultano una miscela esplosiva per il benessere aziendale. E sono solo alcuni dei sintomi più comuni di un malessere – ahimè diffuso – di cui soffrono circa il 68% delle aziende italiane che presentano un rischio medio di condotte aggressive. Secondo un recente studio condotto da SDA Bocconi e Inail Lombardia sull’aggressività nei luoghi di lavoro, in un’azienda su sette c’è un clima ancora troppo ostile, e l’aggressione psicologica ha evidenti effetti negativi, sia sulle persone che sull’organizzazione, incidendo negativamente sui risultati.

dal film

Eppure, spiega la ricerca e prima ancora consiglia il comune buon senso, la gentilezza è la strada della virtù: se il capo è gentile si produce di più e si sviluppano i talenti. Un esempio su tutti è quello del re del cachemire e imprenditore modello, Brunello Cucinelli, che oltre a pagare ai lavoratori salari del 20% superiori rispetto allo standard, crede nella dignità del lavoro e nel rispetto delle persone e del loro tempo libero (vietato rispondere a mail e telefonate dopo le 17,30). Il suo modello è vincente se pensate che Cucinelli ha registrato un aumento del fatturato rispetto all’anno precedente del +16%.

Per portare serenità in azienda, tra le ricette migliori, c’è il ricorso a un coach o al welfare interno, come la conciliazione tra lavoro ed esigenze della famiglia e del tempo libero. Per questo insieme ad altri imprenditori abbiamo costituito una rete per promuovere e favorire i benefici derivanti dalla cultura del welfare aziendale, e impegnarci a realizzare tutte le attività virtuose di Benessere Organizzativo tese al miglioramento delle condizioni e dei luoghi di lavoro ed alla crescita integrale della persona. Il progetto Impresa Virtuosa, ideato da un imprenditore barese esperto di welfare e pianificazione strategica, Roberto Lorusso, vuole dimostrare con le buone pratiche aziendali, che “le persone che stanno bene, lavorano bene”.

«L’imprenditore illuminato, consapevole che il grado di felicità della persona-dipendente è fattore critico per il successo della sua azienda, modifica il suo modo di fare impresa e tra gli obiettivi da raggiungere inserisce il plusvalore del Benessere aziendale. Che si esplicita in un elevato livello di soddisfazione psicologica, sociale e fisica di tutti i lavoratori» (dal libro “Benessere Organizzativo”, Ed. Duc In Altum).

People First” è il motto di molte aziende virtuose. Quelle capaci di gratificazioni morali oltre che economiche verso i propri dipendenti. Quelle capaci di dire ai propri collaboratori “vi stimo molto”, e incoraggiarli continuamente e sinceramente. Non in modo ipocrita come faceva il giovane manager rampante, Marco Pressi (interpretato dall’attore Giorgio Pasotti), che nel film “Volevo solo dormirle addosso” (2004) nei panni del formatore del personale di una multinazionale, aveva il compito di licenziare i dipendenti senza creare tensioni visibili e salvare la faccia sua e dell’azienda.

Non è facile parlare di questi temi nell’attuale fase storica dove soprattutto i più giovani, i cosiddetti millennials, sono bloccati in una sorta di estenuante attesa perenne, poco inclini a impegnarsi perché senza la sicurezza economica non può esserci impegno. E quindi prevale la frustrazione, la delusione, la sensazione di essere stati fregati. Nessuna prospettiva di mettere su famiglia. “Dov’è finito il nostro futuro?”, si chiedeva Laurie Penny, giornalista britannica del The Guardian in un bellissimo editoriale che ho letto di recente su Internazionale.

E io mi chiedo cosa possiamo fare noi per invertire lo stato di cose presente. Se una persona può essere virtuosa, lo può essere anche un’azienda? La mia risposta è chiaramente SI.

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