Premessa
Per immaginare una alternativa al quantitative easing sarà bene ripetere fino alla noia che tradizionalmente, cioè prima del 2007, due erano le autorità di politica economica: il governo e la banca centrale. Oggi, il governo non esiste più (tornerò su questo punto presto, poiché è un punto centrale nel ragionamento sull’helicopter money).
Oggi si pensa al governo che fa il Jobs act, a quello che introduce i voucher pur di fare in modo che chi lavora venga pagato una miseria, al governo che tassa troppo A (dice A) per trasferire a B (il quale dice che è stato derubato, altro che trasferimento a suo favore). Oggi nessuno pensa più al governo come luogo in cui si studiano, decidono adottano e perseguono operativamente politiche espansive della domanda aggregata.
Deficit kaputt, finito: austerità, bilanci in pareggio, questo è il nuovo ordine. E la banca centrale? Quella, di conseguenza, rimane il solo luogo da cui si comanda. E infatti si parla sempre e solo di ‘cosa farà Draghi’. Ma, ripete lui stesso durante le conferenze stampa che seguono le riunioni del consiglio di governo della Bce, la banca centrale da sola non può produrre stimoli adeguati a far ripartire l’economia.
Nel suo linguaggio attento a non far innervosire i tedeschi (e gli olandesi, e i finlandesi,…), fa capire che senza stimolo fiscale lui è impotente. Draghi ha studiato economia, l’ha insegnata, ha lavorato per Goldman Sachs, Banca d’Italia e Ministero del Tesoro, lo sa: niente spesa (meglio se in disavanzo), niente stimolo. E allora, come si fa? A livello astrattissimo, la risposta è semplice: occorrerà fare della politica fiscale espansiva con le seguenti caratteristiche:
► che essa venga condotta dalla banca centrale (bestemmia inaudita fino al 2008);
► che essa non vada a pesare sul bilancio pubblico, poiché questo è il punto centrale di tutto il problema che gli austeri ci hanno imposto dal 2009
► che essa assuma forme che producano un aumento effettivo di spesa e, di conseguenza, una ripresa dell’economia moribonda (per austerità e quantitative easing).
Propongo di attaccare il cuore del problema prendendo a riferimento Adair Turner, Between Debt and the Devil, Princeton Univesity Press, Princeton and Oxford, 2016. Turner è attualmente presidente dell’Institute for New Economic Thinking, e dal 2008 era stato il presidente della British Financial Services Authority, l’ente regolatore di tutte le imprese che erogano servizi finanziari in Gran Bretagna.
Dopo aver discusso a lungo i problemi e gli insuccessi del QE, Turner delinea un modello di helicopter money che potrebbe essere condotto essenzialmente in tre modi: a. riduzione delle aliquote d’imposta; b. spesa pubblica; c. trasferimenti dalla banca centrale a favore di imprese e famiglie residenti da attuarsi direttamente attraverso i conti correnti bancari ordinari.
È ben chiaro da subito che tutte e tre le alternative erano, e in parte sono ancora, come vedremo, dominio del governo, e che a prima vista esse non rappresentano una novità. Questa valutazione sarebbe però errata, perché nell’ipotesi di helicopter money esse verrebbero condotte per stimolare la spesa, cosa che i governi non vogliono più fare, limitandosi essi ad attuarle per ragioni di distribuzione del reddito tra gruppi sociali e non di stimolo alla crescita. [Che poi la crescita possa essere stimolata mediante la spesa lo abbiamo ripetuto talmente tante volte che solo gli austeri più inveterati fanno finta di non capirla, ormai].
Si noti bene che anche a terza alternativa, in fondo, non è diversa da quei ‘trasferimenti’ che la politica fiscale (=il governo) decideva, a favore di questo o quel gruppo sociale. Dove sta dunque la novità? Per vedere la novità, occorre pensare alle implicazioni fiscali delle tre misure. Nel vecchio mondo pre – Grande Recessione (la sola negli Usa dal 2007, la prima di due in Europa) il governo stimolava la crescita mediante spesa pubblica, meglio se finanziata in disavanzo (meglio solo perché possiamo dimostrare che un euro speso in disavanzo genera un moltiplicatore della spesa maggiore di quanto non faccia un euro di riduzione del prelievo).
Ora, questa spesa in disavanzo, ma anche ovviamente la riduzione della pressione fiscale, genera deficit crescenti e, come recita la storia neoclassica, debito pubblico crescente. Ma se, post grande recessione, i deficit sono intollerabili e il debito deve essere ridotto (assurdo, non è successo, non poteva succedere, basta guardare a quanto era il rapporto debito/Pil quando l’ha preso in mano Monti e a quanto è ora: come diceva e dice la buona teoria economica che doveva succedere), allora chi stimola?
Occorre trovare un agente che possa stimolare senza accumulare deficit e debiti! Questo agente è la banca centrale. Quando questa ordina dei trasferimenti sui conti bancari, ad esempio, fa questa operazione a costo zero: nel linguaggio volgare ‘stampa moneta’, in quello dei contabili emette una passività.
Il quesito è: che cosa iscrive dal lato degli attivi, a fronte di quelle passività? Certo non può iscrivervi quello che vi veniva iscritto ‘prima’, quando banalmente venivano usati a questo scopo i buoni del tesoro. Ma oggi non si può: in termini ‘tecnici’, la monetizzazione del debito è fuori discussione.
L’ipotesi su cui lavorare potrebbe essere allora questa: il governo emette un’obbligazione perpetua a tasso di rendimento nullo, obbligazione che la banca centrale metterà dal lato delle attività a riscontro delle sue passività elicotteristiche. Costo zero per il governo, costo zero per la banca centrale, potere d’acquisto in mano alle imprese e alle famiglie. Problemi? Alla prossima settimana.
Questo è il secondo post di una serie dedicata al tema helicopter money. Il primo era
Helicopter money, la madre di tutte le innovazioni (monetarie) (pubblicato il 24/03)