L’ascesa dell’innovation manager: chi è e perché in azienda vale sempre di più

Gianluigi Castelli alla presidenza di Ferrovie dello Stato è un bel segnale: chi sa di tecnologia, innovazione e digitale può fare carriera. Chi si occupa di innovazione diventerà sempre più strategico. Un libro di Ivan Ortenzi disegna l’identikit dell’innovation manager e la sua cassetta degli attrezzi.

Pubblicato il 03 Ago 2018

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La nomina di Gianluigi Castelli ai vertici di Ferrovie della Stato, al di là delle più disparate e possibili letture politiche, vuol dire una cosa precisa per chi lavora nelle aziende, grandi come FS ma anche piccole come tante ce ne sono in Italia: chi ha competenze tecnologiche, capisce di digitale e innovazione può fare carriera. Come ha fatto notare su Linkedin Andrea Rangone, CEO di Digital360 (il gruppo che edita anche EconomyUp), “in un paese culturalmente ben poco vicino al digitale, non è facile salire ai Vertici di una grande impresa passando dalla direzione ICT/Sistemi Informativi”. Il fatto che il Direttore Centrale Innovazione e Sistemi Informativi diventi presidente di uno dei più grandi gruppi industriali italiani è quindi una bella notizia per quella nuova classe emergente di innovation manager che da qualche anno sono impegnati nella trasformazione digitale delle loro aziende, spesso incompresi e inascoltati, sempre impegnati a dimostrare di essere qualcosa di più di inutili visionari, ora finalmente riconosciuti e ricercati come il volano del cambiamento (almeno nelle situazioni più avanzate…).

Gianluigi Castelli, presidente di Ferrovie dello Stato
Le cose cambiano, per fortuna, e la presidenza di Castelli è solo la punta di un iceberg, il segnale non trascurabile di movimenti in corso. Le aziende cominciano a capire il valore dell’innovazione e valorizzano i manager che si sono costruiti una cultura e una pratica dell’innovazione.

Ivan Ortenzi, Chief Innovation Evangelist di BIP (Business Integration Partners)

Innovation manager non ci si improvvisa. Un profilo definito non c’è ancora e forse è un bene. Le job description sono spesso fantasiose e quasi mai equivalenti nelle diverse aziende, per profilo del manager o per posizione organizzativa. Ma fare innovazione è un’attività strutturata, sistematica e ripetitiva, ricorda Ivan Ortenzi nel suo libro intitolato proprio all’Innovation Manager (Franco Angeli). Un vero e proprio manuale per chi si trova in azienda nella situazione di dover “gestire il caos” (citazione “storica” Eric Schmidt, nel 2006 CEO di Google) e ha bisogno di avere una cassetta degli attrezzi e le istruzioni per usarli senza fare e farsi male.

Innovation manager. Disegnare e gestire l'innovazione in azienda
Ortenzi è Chief Innovation Evangelist di BIP (Business Integration Partners), dove è approdato dopo l’acquisizione di Ars&Inventio, di cui era managing partner. Un consulente brillante e pragmantico che di aziende alla ricerca di innovazione e di manager incerti sulla ricetta per prepararla ne ha visti. Il libro, dove è stata sistematizzata questa esperienza, contiene un messaggio forte: fare innovazione in azienda richiede metodo ma anche un po’ di genio, un buona dose di cultura ma anche molto senso pratico (e di business), diciamo spirito imprenditoriale. Bisogna anche decidere come interpretare il proprio ruolo: innovation leader, innovation designer o innovation facilitator? Rispondere apre tutt’altro discorso, che merita una trattazione separata.

Ortenzi correda il libro con una serie di interviste a innovation leader (da Oscar di Montigny di Mediolanum a Ernesto Ciorra di Enel, da Marco Turchini di A2A a Stefano Gatti di Cerved). Tra questi c’è anche il neopresidente di Ferrovie dello Stato Gianluigi Castelli, che immagina l’Innovation Manager, il Chief Innovation Manager, come un direttore d’orchestra: «Non deve essere il migliore in un qualsiasi ambito, ma deve saper far emergere le migliori qualità di una pluralità di ingegni». L’innovation manager, quindi, deve essere, prima di tutto, un buon manager. “La sua migliore caratteristica è come innovare e non cosa innovare”. Un buon manager, con un buon metodo di lavoro per affrontare la sfida del cambiamento, soprattutto sul fronte interno.

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Giovanni Iozzia
Giovanni Iozzia

Ho studiato sociologia ma da sempre faccio il giornalista e seguo la tecnologia . Sono stato direttore di Capital, vicedirettore di Chi e condirettore di PanoramaEconomy.

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