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Se in Thailandia la dote si paga con lo smartphone

Nel mondo ci sono 2 miliardi e mezzo di “Unbanked”, persone senza un conto corrente che stanno scoprendo nuovi strumenti per gestire i loro (pochi) soldi. Ecco due storie che dimostrano l’esistenza di un mercato enorme, soprattutto in Asia. Anche per le startup italiane

Pubblicato il 23 Dic 2015

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C’è una rivoluzione in corso in Asia, che ha già messo radici in Europa e in Nord America. I giornali occidentali ne parlano poco, forse perché la considerano un fenomeno limitato ai paesi in via di sviluppo. Non è così. Ci sono tre milioni di potenziali rivoluzionari solo in Inghilterra, 49 milioni tra Europa e Nord America, molti di più se si include l’Est Europa. Sono gli “Unbanked” – i Senza Banca – adulti che non hanno un conto corrente ma di solito possiedono uno smartphone. Nel mondo ci sono due miliardi e mezzo di Senza Banca, ed ogni giorno un numero sempre maggiore sostituisce o integra il contante con lo smartphone.

I Senza Banca sono il mercato più grande – e spesso più sottovalutato – per le aziende che si occupano di pagamenti e finanza tecnologica (fintech). Per una banca tradizionali sono clienti troppo costosi da acquisire e da gestire. Per una startup agile e creativa sono un mercato enorme. Come membro fondatore di Level39 – il più grande acceleratore di startup fintech al mondo – da Londra ho la fortuna di seguire regolarmente investitori, banche e associazioni in questo settore. Asia ed Africa inizieranno presto ad esportare tecnologia in Europa e Nord America, anzi, in parte lo hanno già fatto.

La Rivoluzione di Mahsuri

Una dei rivoluzionari è Mahsuri, una signora di mezza età che vende zuppa di noodle per le strade di Kuala Lumpur. Senza uno stipendio fisso, né beni di valore da pignorare, nessuna società telefonica le ha mai installato un telefono fisso a casa. Ma oggi Mahsuri può telefonare gratis alla figlia minore che studia a Singapore con WeChat, una delle app più popolari in Asia. Fin qui niente di strano. Anche molti i genitori occidentali si sono convertiti a Skype per parlare con i propri figli all’estero. Ma Mahsuri non ha neanche un conto in banca, ed usa WeChat anche per trasferire denaro alla figlia. Fino a qualche anno fa, spedire denaro ai suoi figli significava attraversare Kuala Lumpur carica di contanti, con il rischio di essere rapinata, e pagare le commissioni dello sportello Western Union. Stesso rischio per i suoi figli, che dovevano attraversare le loro città carichi di contante in senso opposto. Mahsuri non ha un conto, perché nessuna banca è mai stata interessata ai suoi risparmi minimi ed instabili. Ma soprattutto i clienti come Mahsuri spendono tutto nella sopravvivenza quotidiana e nell’educazione dei figli. Quindi non comprano titoli azionari, e non possono chiedere un mutuo, i settori di maggiore interesse per una banca tradizionale.

Oggi Mahsuri riceve denaro dai figli più grandi, e spedisce una parte dei suoi guadagni ai figli minori, tutto rigorosamente via smartphone. Negli ultimi mesi Mahsuri ha iniziato ad accettare micro-pagamenti con lo smartphone anche dai suoi clienti al banchetto delle zuppe. Niente contanti, vuol dire niente problemi con il resto, e soprattutto niente rischi di rapina.

Dalla zuppa di tagliatelle alla dote di matrimonio

Se la storia di Mahsuri vi sembra unica, guardate la foto che mi ha mandato Desiree Chow di mPOS. Una bella sposa in Tailandia paga la dote allo sposo con lo smartphone. Sia la Thailandia che l’Indonesia hanno una popolazione più grande dell’Italia, solo la seconda conta 250 milioni di abitanti.

La rivoluzione non è limitata all’Asia. Proprio questo mese sono stato invitato come speaker all’African Investment Summit, ed ho conosciuto di persona un ambiente altrettanto appassionato dal fintech per i Senza Banca, seppure un po’ meno coinvolto rispetto all’Asia dagli investimenti internazionali (almeno per ora). Con milioni di Senza Banca in Europa, e l’immigrazione crescente, è decisamente un mercato interessante per le startup Italiane. Se non creano qualcosa loro, l’Italia è destinata ad importare tecnologia dall’Asia e dall’Africa. Sarebbe ironico ma in fondo non c’è nulla di male.

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