Personaggi

Renzi, i gol di Donadon e la capacità di approfittarne

La visita del premier in H-Farm è un’occasione che non può e non deve essere sprecata. Adesso c’è da andare oltre il valore simbolico del gesto e sfruttare la visibilità che per poche ore è stata regalata per portare il senso e il valore delle startup oltre i confini dell’ecosistema. Obiettivi: creare consenso attorno al movimento dei nuovi imprenditori. E mostrare una via possibile per creare ricchezza, crescita e lavoro

Pubblicato il 28 Feb 2014

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“L’ultimo treno che possiamo prendere”, come l’ha definito il canuto Luciano Benetton, si è fermato a Ca’ Tron. Il neopremier Matteo Renzi per la sua prima uscita pubblica ha scelto un territorio ostile, il Nord Est, ha smarcato tre caselle emblematiche (scuola, impresa, innovazione) e ha fatto la pausa pranzo nella limonaia di una fabbrica di startup, H-Farm, che si trova appunto a Ca’ Tron, pochi chilometri da Treviso.

Per Riccardo Donadon. che l’ha creata nel 2005, è un doppio gol: essere riuscito come presidente di Italia Startup a portare subito l’attenzione di un governo che si presenta per definizione diverso sul mondo delle nuove imprese innovative (e questo tutti dovrebbero riconoscerglielo come un merito) e per aver dato visibilità, come founder orgoglioso di H-Farm, al lavoro svolto in quasi dieci anni nella fattoria tecnologica (e questo genererà le inevitabile critiche di colleghi e criticoni a tempo pieno…). Due palle messe in rete che però non state subito rimesse in campo con la giusta energia per rilanciare l’azione e massimizzare l’effetto della visita al di là della giornata straordinaria, che ha meritato persino un collegamento di Porta a Porta.

Con il suo fare discreto e quasi riflessivo Donadon, passo dopo passo, è riuscito in questi anni a creare una rete di relazioni che stanno cominciando a dare i loro frutti, primo fra tutti l’accreditamento come interlocutore delle istituzioni. Quel che ha fatto ha dietrouna visione, come ho provato a raccontare in un ritratto dell’imprenditore. A Ca Tron l ‘ex ministro Corrado Passera aveva lanciato la task force startup creata durante il governo Monti e sempre a Ca Tron aveva portato in anteprima il rapporto Restart che ne era venuto fuori. A Ca Tron Renzi era già stato l’anno scorso nel suo giro in camper. In quei campi qualcosa di buono quindi è stato seminato. Adesso bisogna organizzare bene il raccolto per non sciupare i frutti della terra.

Avere un presidente del consiglio poco più che quarantenne, che sa cos’è un incubatore di imprese e spende un’ora per andarlo a visitare è un’opportunità che non si può e non si deve perdere. Bisogna approfittarne, anche in termini mediatici, per portare i protagonisti, i problemi e i successi del mondo delle startup davanti a un’opinione pubblica più ampia. Paradossalmente conviene farlo senza parlare di startup. E credo che Donadon lo abbia capito. In un’intervista sulla Stampa, una delle pochissime avute come ricaduta della visita di Renzi, si mantiene su toni alti e larghi ( «Dal punto di vista economico bisogna liberare energia. E i giovani ce l’hanno. Siamo all’inizio ma la tecnologia sta entrando in tutti i gangli e i meccanismi. La gente deve avere questa consapevolezza e capire che non potrà più essere com’era l’altro giorno»). E soprattutto racconta di aver consigliato al premier la creazione di «5 o 6 Specific Economic Zone a burocrazia zero e senza tasse per periodi di, mettiamo, cinque anni. A New York è stato fatto e la gente ha iniziato a correre. La nuova economia è basata su conoscenza e attrazione di talenti; sta qui il gioco della competizione. Non possiamo perdere la sfida con Berlino. Non ce lo meritiamo». No che non ce lo meritiamo. Allora in nome della “nuova economia” bisogna premere sull’acceleratore senza timori e pudori. Qui non si tratta più di fare una legge o aggiustare una norma, ora si tratta di creare consenso attorno a un movimento di neoimprenditori che possono e devono uscire dalla nicchia. Con il permesso del presidente del Consiglio.

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