La polemica

Diritti d’autore e copia privata, non penalizziamo l’innovazione

Voler alzare i compensi collegati a smartphone e tablet vuol dire non capire lo scenario tecnologico, sostiene il presidente di Anitec. Che lancia un appello: tuteliamo la cultura ma non confondiamo pirateria e copia privata.

Pubblicato il 11 Feb 2014

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Il dibattito sulla revisione al rialzo del compenso per copia privata legato ai dispositivi tecnologici nasconde un problema di comprensione dello scenario reale in cui ci stiamo trovando. Come Anitec riteniamo innanzitutto che debbano essere salvaguardati i diritti degli autori perché venga loro riconosciuto un contributo per l’utilizzo della loro opera d’ingegno, ma il compenso deve essere commisurato al reale sfruttamento dell’opera degli autori e non all’acquisto tout court di un dispositivo tecnologico la cui funzione primaria resta comunque sempre altra.

È da rilevare come sempre più spesso i brani ascoltati e i film visti su tablet e smartphone non siano ospitati sul dispositivo, ma fruiti in streaming. In questo caso i diritti d’autore sono pagati alla fonte da chi distribuisce il contenuto. Inoltre, rispetto al passato, le piattaforme di acquisto online come iTunes e Google Play rendono molto conveniente e rapido l’acquisto di mp3 e video e rendono di fatto inutile l’effettuazione di una copia privata. Infatti, chi acquista contenuti digitali dai distributori on-line, oltre a pagare in questo modo la licenza, nella maggior parte dei casi, acquisisce anche la possibilità di effettuare un certo numero di copie su diversi dispositivi. In un contesto nel quale dunque l’utilizzo della copia privata è in diminuzione per effetto dei cambi tecnologici, vorremmo quindi ribadire che ci aspettiamo una diminuzione del valore complessivo del compenso, in quanto, come già detto, gli autori sono già remunerati in caso di acquisto on-line o di ascolto in streaming.

Alcuni degli interventi letti in questi giorni, rischiano di essere fuorvianti, mescolando la pirateria informatica con la copia privata. La pirateria informatica è un reato e come tale va perseguito, il compenso per copia privata non può e non deve essere un contributo per alleviare gli autori da un possibile utilizzo illecito delle loro opere, come è stato anche recentemente confermato dalla Corte di Giustizia Europea, né tantomeno il compenso per copia privata può tradursi in una tassa sulle nuove tecnologie per sostenere gli autori o i fornitori di contenuto. Cultura e tecnologia sono partner strettissimi: la tecnologia ha permesso la diffusione dei contenuti culturali ad un numero di persone sempre maggiore, garantendo così crescite esponenziali dei relativi mercati: la radio prima, la TV dopo, internet ora. Il cambiamento tecnologico richiede che i modelli di business cambino e perciò anche le modalità di remunerazione degli autori devono evolvere contestualmente, come specificato anche nel report preparato per la Commissione Europea dall’ex commissario Vitorino. Per questo motivo abbiamo apprezzato la decisione del Ministro Bray di svolgere un’indagine sulle modalità di utilizzo dei dispositivi tecnologici in merito alla fruizione di opere protette e di valutare come procedere in base ai risultati di tale analisi”.

* Cristiano Radaelli è presidente di ANITEC, Associazione Nazionale Industrie Informatica, Telecomunicazioni ed Elettronica di Consumo

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