C’è un gran daffare in casa Telecom Italia. Il gruppo sta attraversando un momento delicato dal punto di vista societario, finanziario e industriale. In questa fase di transizione, con la scadenza del consiglio d’amministrazione alla vista (aprile 2014) e il socio spagnolo (Telefonica) in cerca di un ruolo sostenibile, arriva il primo piano industriale di Marco Patuano, che fa l’amministratore delegato da poco più di due anni ma in Telecom lavora dal 1990, quando lui era un promettente neolaurato bocconiano e l’azienda si chiamava Sip. Appassionato di sport, di tutti gli sport («Seguo anche il campionato di biglie», è l’immagine usata per rappresentare la dipendenza…), Patuano si sta giocando la sua grande partita con la volontà di segnare la nuova fase che si aprirà per Telecom nei prossimi mesi. Il piano industriale 2014-2016 (qui si può leggere il comunicato con tutti i dettagli) presentato nei giorni scorsi rappresenta un cambio di visione che, se riuscirà a passare indenne attraverso le schermagli societarie in corso per l’assetto di controllo del gruppo e non sarà rallentato dal macigno del debito, sarà un passaggio decisivo per la realizzazione dell’Agenda digitale e per l’innovazione del sistema economico italiano con l’introduzione di nuovi servizi digitali.
Dopo anni in cui si è parlatp tanto di reti di nuova generazione, ma con in testa ancora il doppino di rame, adesso si dichiara uno spostamento deciso sulla fibra, promettendo investimenti importanti. «La societa’ ha una liquidita’ di oltre 13 miliardi a cui si andranno a sommare i 4 che arriveranno per l’insieme delle misure che andremo ad adottare. Quindi stiamo parlando di un’azienda che a prescindere da quale sara’ il proprio rating, ha comunque un importantissimo livello di liquidita», ha risposto Patuano alle fibrillazioni di Borsa dopo la presentazione del Piano e il bond convertendo da 1,3 milioni, comunque chiuso in poche ore.
Gli investimenti saranno raddoppiati rispetto ai precedenti piani industriali e non è poco: 9 miliardi nel triennio di piano, di cui 3,4 su tecnologie innovative, quasi 1 sulla fibra. La banda ultralarga, sia fissa sia mobile, è una realtà che ha cominciato a diffondersi solo da quest’anno (35 le città già coperte). Telecom ha deciso di lavorare per avere nel 2016 una copertura dell’80% della popolazione per la rete mobile (4G) e di superare il 50% per per quanto riguarda quella fissa (adesso siamo 16%…). La svolta sta anche nel cambio di prospettiva che porterà a tagli in area ritenute poco tecnologiche e non innovative. E a un abbassamento della pressione commerciale che ha portato a una guerra dei prezzi che non può continuare. Meglio costruire nuove antenne che regalare 1000 smartphone, esemplifica Patuano per far capire il nuovo corso. Che prevede anche interventi di razionalizzazione sul fronte interno: «Dovremo avere azienda più semplice. Oggi è fatta da stratificazioni del passato che hanno poco senso. Così come ci sono tecnologie per cui spendiamo ancora soldi anche se ormai sono poco usate». Per la prima volta si ha l’impressione di un’azienda che non è ossessionata solo dal suo debito e dalle alchimie finanziare per mascherarlo ma pensa anche al business e al suo futuro. Dove ci sono anche lavori nuovi e diversi, come quello che già si intravvede nell’accordo stretto con Sky. Patuano lo racconta come appassionato di sport e padre di adolescenti. «Adesso i contenuti premium, dai film alle partite, viaggiano via satellite. In futuro andranno sulla banda larga. Del resto i miei figli guardano poco la tv come siamo abituati a farlo noi. Alcuni operatori in Europa stanno comprando contenuti. Noi riteniamo più importante concentrarci sul nostro core business e stringere accordi con chi fa business con i contenuti».