La crisi finanziaria ha prodotto, nel rapporto banca/impresa un maggior inasprimento delle condizioni e un affidamento più selettivo, alimentando un vero e proprio credit crunch che dal 2011 fa mancare alle imprese circa 70 miliardi di euro, determinando un calo degli impieghi bancari del 22%, nonché il rilancio della funzione dei Confidi per il contributo che essi possono offrire al funding d’impresa, sia sul piano professionale sia nella loro funzione di garanti.
La Fondazione Rosselli, in collaborazione con Gruppo Impresa, Unicredit, Università degli Studi di Torino, ha analizzato il mondo dei Confidi per valutare se con la loro organizzazione e i loro equilibri economico-patrimoniali siano pronti per affrontare questa sfida. Lo Studio analizza, per il periodo 2006-2011, i dati di 354 confidi attivi che erogano, nel 2011, uno stock di 21 miliardi di euro di garanzie a 1,28 milioni di imprese associate. Il mercato se lo dividono 54 strutture iscritte all’elenco ex art. 107 Tub e perciò vigilate da Banca d’Italia, che presidiano circa i 4/5 delle garanzie erogate, e altri 300 confidi iscritti all’Albo ex art. 106 Tub di dimensioni inferiori. Rispetto ad un trend di garanzie erogate nel passato in continua crescita, nel 2011 si rileva per la prima volta un calo dell’operatività dei confidi (-1,4%) sui valori emersi nel 2010 (21,3 miliardi), e nel 2012, un approfondimento sui 53 confidi vigilati fa emergere una flessione ancora più incisiva (-5,61%). Permane una forte differenza tra Nord e Sud tanto che i 132 confidi di primo grado del Nord erogano quasi il 60% dello stock di garanzie, mentre i 156 confidi del Sud e Isole ne erogano solo il 16%.
La stabilità delle strutture, tuttavia, risulta minacciata dal grave aumento delle esposizioni deteriorate che compromette un sistema già debole sotto il profilo patrimoniale ed economicamente inefficiente: nei confidi 106 le sofferenze e gli incagli passano da 109 milioni del 2008 (pari a un tasso del 5,21%) alla cifra record di 167 milioni del 2011 (15,83%, il triplo in appena tre anni), mentre nei confidi 107 negli stessi tre anni si raddoppiano e passano da poco più di un miliardo del 2008 (pari a un tasso del 2,36%) alla cifra record di 2,3 miliardi nel 2011 (il 13,07%, sei volte rispetto al 2008). I 53 confidi vigilati indagati per il 2012 evidenziano un ulteriore peggioramento del quadro con partite problematiche cresciute di 522 milioni di euro e che raggiungono il nuovo record di 2,8 miliardi di euro, quasi il 20% dello stock di garanzia. Se l’assetto patrimoniale è messo a repentaglio dal crescere delle partite deteriorate, quello economico è pregiudicato dalle svalutazioni a queste connesse e dall’inerzia dei confidi rispetto alla diversificazione della loro attività e all’integrazione dei propri ricavi attraverso l’offerta di servizi complementari. Tutto ciò ha aumentato la dipendenza dei confidi dalle agevolazioni pubbliche, elemento non necessariamente negativo se si dimostra che tali contributi servono per agevolare il credito alle imprese e non per mantenere il sistema di questi intermediari.
La ricerca, grazie a Gruppo Impresa, società leader nella finanza agevolata, ha approfondito questo aspetto analizzando i provvedimenti regionali emanati negli ultimi 10 anni, evidenziando stanziamenti per circa 2,6 miliardi di euro, con un picco di 859 milioni di euro nel 2009 in risposta all’acuirsi della crisi finanziaria. L’Unione europea, tramite i fondi strutturali gestiti prevalentemente dalle Regioni, cofinanzia regimi censiti che valgono il 62% di tutte le iniziative monitorate. Tuttavia la finanza pubblica regionale ha ridotto nell’ultimo triennio il proprio impegno a sostegno del sistema dei confidi, 100 milioni all’anno la media 2003-2007, circa 600 milioni di euro per il periodo 2008-2009 e 300 milioni di euro per il triennio 2010-2012.
La regressione delle agevolazioni pone in discussione la possibilità che questi operatori possano supportare le imprese proprio nel momento in cui il bisogno è maggiore. E’ necessario quindi intervenire garantendo risorse finanziarie: basterebbero 1,5 miliardi all’anno per tre anni, per alimentare 100 miliardi di crediti alle imprese. E’ necessario, inoltre, intervenire patrimonializzando in modo selettivo questo network di operatori, in modo da supportare nel futuro agli operatori più meritevoli, salvaguardandone il radicamento territoriale e il rapporto con le associazioni. Del resto, come ha evidenziato il contributo alla ricerca dell’Ufficio Ricerche di UniCredit, che osserva 77.000 piccole imprese, proprio la vicinanza con le imprese garantisce ai confidi un ruolo strategico nel supporto al credito, dimostrando come, nella fase più acuta della crisi in cui i modelli di scoring e i sistemi di rating bancari diventavano meno informativi essendo basati su indicatori pro-ciclici, la presenza di un confidi ha diminuito le asimmetrie informative, quindi la probabilità dell’impresa di incorrere in situazioni di tensione finanziaria.
L’importanza del ruolo dei confidi, seppure non sia un postulato per tutti, non è quindi messa in discussione, ma bisogna operare velocemente evitando, come nel passato, reticenze nell’affrontare i problemi di questo settore semplicemente ignorandoli o rinviandoli. Rinviare ulteriormente il problema rischia di compromettere per sempre un sistema a supporto delle imprese e lasciare gli imprenditori soli nell’affrontare il credit crunch.
► Di questi temi si discute venerdì 4 ottobre presso la Camera di Commercio di Milano in via Meravigli, dalle 9.30, al convegno “CONFIDI,QUALE FUTURO?” Nella stessa sede verrà promossa la pubblicazione della Fondazione Rosselli “Il sistema dei Confidi in Italia: efficienza, sostenibilità e intervento pubblico” a cura di Marco Nicolai, casa editrice Maggioli