I bitcoin, e le criptovalute più in generale (ne esistono circa 1200, tra cui, solo per citare le più note, Ethereum, Ripple, IOTA, Nem) sono state protagoniste del 2017, anche per effetto di una forte speculazione. Ma non svaniranno nel nulla da un giorno all’altro. Anzi, rappresentano la tecnologia che dominerà nei prossimi anni. Serve però familiarizzare con questa tecnologia, padroneggiarla e renderne accessibile l’utilizzo a una platea di utenti sempre più ampia. È quanto emerso dall’evento “Cryptocurrencies: a bubble or here to stay?”, l’incontro moderato da Giovanni Iozzia e organizzato da Growt it Up a Cariplo Factory, Milano, in collaborazione con EconomyUp mercoledì 31 gennaio.
LE CRIPTOVALUTE SONO UNA BOLLA O QUALCOSA DESTINATA A RESTARE?
Enrico Noseda, Partner di Grow It Up
Il primo intervento della serata è stato di Enrico Noseda, Partner di growITup, la piattaforma per scaleup con un fondo di venture capital di 100 milioni di euro, secondo cui siamo di fatto in una fase di “hype” e «bisogna tenere gli occhi aperti». Spiega Noseda. «In qualità di investitori riceviamo spesso molte iniziative imprenditoriali legate al settore, ma non tutte sono rilevanti. Da parte nostra è necessario sviluppare quella capacità critica in grado di farci capire se siamo di fronte a una vera opportunità di business o solo a un’iniziativa di facciata. Detto ciò mi sento di affermare che le criptovalute sono qui per restare».
Per Raffaele Mauro, Managing Director di Endeavor Italia, organizzazione internazionale a supporto delle imprese ad alto potenziale, e autore del libro Hacking Finance siamo di fronte a un cambiamento senza precedenti nel mondo finanziario: «Grazie alla tecnologia, il sistema della finanza viene decentralizzato. Da decenni assistiamo alla creazione di monete virtuali, ma nessuna è stata in grado di resistere tanto a lungo quanto i bitcoin. Questo è possibile perché i bitcoin sono stati realizzati tramite una tecnologia sottostante, la blockchain, estremamente strutturata. Non dobbiamo dimenticare però che si tratta di una tecnologia estremamente complessa, ecco perché c’è bisogno di diffondere conoscenza evitando di generare cattiva informazione».
L’intervento di Vincenzo Di Nicola founder di Conio
A pensarla così è anche Vincenzo Di Nicola founder di Conio, portafoglio virtuale per acquistare bitcoin, monitorarli, depositarli o usarli per pagare in qualsiasi momento secondo cui è necessario «rendere semplice e accessibile l’utilizzo delle criptovalute. Troppo spesso questi fenomeni vengono raccontati a partire dalle loro caratteristiche tecniche, il che scoraggia l’utente ad utilizzarle. Se invece si raccontassero soprattutto i vantaggi legati al loro utilizzo, si potrebbe allargare la platea di utenti che ne potrebbero usufruire. In ogni caso, credo che la vera opportunità, a livello di Paese, sia quella di riuscire a padroneggiare una tecnologia che sarà dominante nei prossimi cinque anni».
Qualche dubbio relativo ai pagamenti in bitcoin è stato sollevato da Simone Maggi Co-founder di Lanieri, l’e-commerce italiano che vende abiti di sartoria su misura e la prima azienda innovativa del settore a consentire pagamenti in valuta virtuale. «Da merchant devo dire che non è molto facile pagare in bitcoin:primo perché mancano i wallet, e poi perché si tratta di una transazione molto lenta: ad oggi utente di Lanieri impiega circa 10/15 minuti per effettuare un pagamento».
Simone Maggi, co-founder di Lanieri
Legato al concetto di rapidità è l’idea dell’utilizzo delle criptovalute per Giancarlo Russo, founder & CEO di Neutrino, il lab di cybersecurity che fornisce analytics e data intelligence su bitcoin e le altre principali cryptovalute. «La nostra idea era quella di creare una startup rapida ed efficace nel fare le cose. Per cui quando abbiamo pensato, nel 2016, a quale potesse essere un trend di sviluppo innovativo sul quale portare le nostre competenze di security, abbiamo pensato alla blockchain e le criptovalute».
Secondo Domenico Gravagno Co-founder di AidCoin, la criptomoneta lanciata da Charitystars dedicata alla beneficenza e al settore no profit che ha raccolto in 16 milioni di dollari tramite ICO (Initial Coin Offering), con la blockchain – la tecnologia sottostante ai bitcoin – si possono superare i problemi di fiducia che gli utenti hanno nei confronti degli enti benefici. «Una ricerca di un istituto americano ha messo in evidenza che il 43% delle persone non ha fiducia negli enti benefici. Partendo da questo principio abbiamo pensato che la blockchain potesse essere la tecnologia adatta per superare questo scoglio, e quindi abbiamo creato AidCoin la prima criptovaluta nel mondo no profit».