Le imprese stanno affrontando il tema di come collaborare con le startup, come fornitore innovativo o come partner in progetti di innovazione. La contaminazione tra questi mondi è infatti la modalità giusta per stimolare l’innovazione nel mondo dell’impresa e per conoscere meglio gli spunti che possono giungere dall’ecosistema startup.
Tra le difficoltà che queste collaborazioni incontrano, non si possono trascurare quelle legate al processo degli acquisti, così come normalmente è strutturato nelle imprese. Non sono solo le differenze culturali tra le startup e le aziende a rendere la relazione complessa, ma a questo si aggiungono elementi oggettivi di processo.
Prime fra queste l’attività di scouting che non può essere fatta riferendosi ai canali tradizionali ma è necessario conoscere l’ecosistema startup (incubatori, venture capitalist, data base specifici, community) e attivare e gestire nuovi ambiti di indagine; segue poi l’impossibilità di poter parlare di effettiva fornitura, o di specifiche di prodotto/servizio, poiché la startup porta principalmente idee e concept; a questo si aggiunge l’oggettiva impossibilità di applicare criteri di valutazione tradizionale, strumenti come gli albi e le qualifiche, tipiche della direzione acquisti, a cui le startup, per loro natura, fanno fatica ad aderire; le startup non hanno una storia né un bilancio, e sfuggono quindi a qualsiasi valutazione di robustezza economico-patrimoniale, spesso non hanno ancora clienti (queste sono a volte le più interessanti) né referenze.
Per non parlare della difficoltà di applicare una normale fase di negoziazione basata su RFP, gare e ordine. Altri punti critici sono la contrattualizzazione e i tempi di reazione delle imprese: è necessario infatti pensare a condizioni e tempi di pagamento più flessibili e ravvicinati per non mettere a rischio la vita stessa della startup, nonché condizioni di proprietà intellettuale, esclusive, commercializzazioni. Molte imprese hanno già avviato percorsi per collaborare con le startup. Da un’analisi basata sui lavori dell’Osservatorio Startup Intelligence è stato possibile evidenziare alcuni modelli di riferimento oggi presenti.
Alcune aziende, pur non essendo ancora intervenute sul proprio processo di acquisto, hanno però individuato alcuni escamotage per velocizzarlo, ad esempio utilizzando propri fornitori come intermediari o scegliendo soglie di spese che non implicano qualifiche o vendor rating. Altre aziende hanno fatto qualche passo metodologico, attraverso progetti pilota, o proof of concept, rendendoli un’alternativa ai processi di fornitura.
Esistono poi aziende che hanno già attivato dei sistemi di fast track in cui la fase di qualifica supera i criteri tradizionali, valutando innanzitutto il valore dell’innovazione di un’idea e l’affidabilità dell’imprenditore piuttosto che la robustezza economica della startup, tra queste Enel e Poste. In questi casi le fasi di selezione e accreditamento sono preferibilmente spostate in area innovation e non più acquisti, per consentire l’accesso agli opportuni canali e gestire fasi di tipo sperimentale.
L’accreditamento di una startup viene condotto in modo molto simile a quello che un incubatore d’impresa mette in atto nel momento in cui seleziona le startup con parametri quali l’innovatività rispetto al business, le sinergie con il modello di business, la qualità degli imprenditori, le potenzialità dell’iniziativa. Sono inoltre rilasciati alcuni vincoli per la fatturazione e i pagamenti accelerando i tempi per non mettere a rischio la sopravvivenza della startup.