La settimana scorsa la SEC— l’ente di vigilanza della borsa USA — ha fornito all’Italia la possibilità storica di attirare oltre un miliardo di dollari di investimenti stranieri e creare nuovi posti di lavoro.
Questa opportunità nasce dall’ultimo parere con cui l’ente ha iniziato a regolare le ICO (Initial Coin Offering) un mercato di cui abbiamo parlato proprio su EconomyUp, che in poco tempo ha raggiunto 3.8 miliardi di dollari di valore (in crescita).
La decisione per la verità non è arrivata a sorpresa per gli esperti di settore. Ma come accade sempre nel campo finanziario, un giudizio emesso da un ente di alto livello come la SEC ha avuto un effetto a catena ben più grande del contenuto, generando acquisti e vendite frenetiche su tutti i mercati internazionali.
Il parere della SEC è semplice. Le ICO sono uno strumento di raccolta fondi basato sulle crypto-monete, la famiglia di cui fa parte il Bitcoin. Come tutte le innovazioni tecnologiche di impatto storico, esiste un momento iniziale in cui la tecnologia funziona ma il legislatore non ha ancora deciso come regolarla.
La SEC non ha aspettato di avere un regolamento completo, ha accettato il rischio e ha stabilito un principio cardine del settore.
Se un’azienda che raccoglie fondi tramite una ICO promette dividendi agli investitori sta facendo una operazione di borsa. Non importa che tecnologia utilizza, l’operazione deve essere regolata (e quindi sottoposta al controllo della SEC).
Questo principio è semplice ma ha un effetto immediato. Una raccolta come quella operata l’anno scorso da The DAO—150 milioni di dollari in meno di un mese— oggi dovrebbe essere regolata.
Gli effetti del parere SEC sul mercato internazionale e sull’Italia
Il parere della SEC ha due effetti principali.
- Innanzitutto vincono le piattaforme come CoinList, che sono già regolate e permettono di gestire le ICO. Non a caso Naval Ravikant, fondatore di Angel List e uno dei personaggi più brillanti di Silicon Valley, ha investito in CoinList ben prima del parere della SEC. Naval ha moltiplicato il valore dell’investimento di parecchie cifre in meno di un anno.
- Il secondo effetto è la fuoriuscita dal mercato americano di tutte quelle aziende che non vogliono sottoporsi al controllo della SEC. La borsa americana è molto complicata e molto costosa, e gli errori possono essere puniti con la galera.
Dove si sposteranno quindi gli investimenti futuri? Diversi paesi hanno iniziato a sviluppare questi nuovi mercati già da prima del parere della SEC. Il Regno Unito, il Giappone, Singapore e la Corea hanno normative estremamente avanzate. Rispetto a questi paesi l’Italia è indietro e difficilmente può essere competitiva.
Ma la domanda che dovrebbe interessare all’Italia ed in particolare a Milano è leggermente diversa. Dove si sposteranno gli investimenti futuri europei? Fino allo scorso anno qualunque esperto con un minimo di logica avrebbe proposto lo stesso risultato: Londra. Oggi, con il caos generato dal referendum sulla Brexit, la soluzione non è così semplice. Vivendo a Londra e lavorando nel mercato internazionale, so che la Brexit probabilmente non sarà dura come ci si aspetta e sicuramente non sarà così dannosa per il Regno Unito.
Ma il mercato finanziario è fatto di percezioni. Ci aspettano due anni di negoziati tra l’Unione Europea e il Regno Unito in cui molte nuove aziende non vorranno rischiare di spostarsi a Londra. Due anni preziosi per l’Italia per diventare un leader almeno Europeo nel nuovo mercato.
Il Cantone Zug in Svizzera ha già iniziato questa operazione. In pratica si è auto-definito “Crypto Valley” e con una eccellente (ed insistente) operazione di public relations ha promesso al mondo che continuerà a migliorare la propria normativa in direzione crypto-amichevole.
La Svizzera però non fa parte dell’Unione Europea. L’Italia invece sì. E vivere a Milano può essere molto più divertente che vivere a Zug. Questi sono i punti su cui potrebbe puntare l’Italia per attrarre una fetta di uno dei mercati più interessanti del nostro secolo.
Perché l’Italia ha poche speranze?
Perché il nostro paese è bravissimo a complicare quello che è semplice. Ad esempio, la normativa sugli investimenti nelle startup nel Regno Unito è formata da un solo principio “Non sono startup le aziende che investono in immobili e in borsa. In tutti gli altri casi, investi fino a 150mila sterline e lo Stato ti rimborsa il 70%.”
In Italia esistono decine di pagine solo per descrivere cosa è una startup. Il risultato è che se Facebook fosse nata in Italia non avrebbe avuto i requisiti per essere definita “startup”. Il mio lato cinico mi ripete che succederà di nuovo.
Perché l’Italia ha ugualmente molte speranze?
Proprio perché il nostro paese è bravissimo a complicare quello che è semplice.
Se per una volta scegliesse la strada della semplicità, su un mercato che può generare miliardi in tasse e almeno 200mila posti di lavoro, avrebbe ottime possibilità per competere contro Zug o Francoforte. Nessuna delle altre città Europee candidate hanno il prestigio e la vita sociale di Milano, la città che ospita la nostra Borsa.
Caso raro per il nostro Paese, sia la Città di Milano, sia il Ministero Economia e Finanza si sono attivati in anticipo. Entrambi hanno creato dei team per lo sviluppo del Fintech— la finanza tecnologica di cui le ICO fanno parte — molto prima che la SEC emettesse il suo parere.
Come persona invitata a partecipare ad entrambi i team, e senza rivelare nulla di confidenziale, posso dire che non ci sono solo politici ma anche una piacevole presenza di imprenditori Italiani con esperienza internazionale.
Passare da questi team di lavoro ad una campagna marketing come quella di Zug non è facile. Ma l’occasione è così importante che vale la pena essere ottimisti, anche se solo per qualche mese.
(Immagine: The Wolf of Wall Street)