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Optogenetica, una tecnica che trasforma i topi in combattenti aggressivi. A che cosa potrebbe servire?

Su Science è stato pubblicato uno studio che dimostra come sia possibile individuare i circuiti neuronali coinvolti in comportamenti socialmente dominanti e prenderne il controllo. Sono esperimenti di laboratorio ma possiamo già domandarci come verrebbe gestita questa possibilità con gli uomini. Nel bene e nel male…

Pubblicato il 24 Lug 2017

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La notizia

Alcuni ricercatori hanno individuato un circuito cerebrale che, una volta attivato nei topi, ha trasformato soggetti timidi ed innocui in maschi alfa aggressivi che quasi sempre hanno la meglio su altri topi. Lo studio pubblicato sulla rivista Science ha dimostrato come, grazie ad una tecnica chiamata optogenetica, si possano individuare specifici circuiti neuronali coinvolti in comportamenti socialmente dominanti e prenderne il controllo.

→ Perchè è importante

Le applicazioni di una scoperta di questo tipo sono molteplici e molte di queste fanno pensare al set di un film di fantascienza dove tutto è andato male, alcune invece possono portare a individuare cure per comportamenti aggressivi e patologie oggi più difficili da curare senza farmaci.

Rispetto ad altre tecniche utilizzate in laboratorio per indurre comportamenti o patologie nelle cavie (per poi testare i rimedi), questa ricerca, pubblicata su Science, da un lato utilizza una tecnica diversa dal solito, chiamata optogenetica e che sfrutta luce e proteine per stimolare i neuroni del cervello in una determinata zona del cervello; dall’altra, ha individuato in questa zona particolare del cervello la sede dove i topi “registrano” le esperienze passate e ne traggono di conseguenza il proprio comportamento.

Intervenendo in quest’area è possibile quindi modificare (nella maggior parte dei casi in modo permanente) il comportamento dei topi trasformandoli in veri e propri soldati aggressivi e dominanti.

Come tutte le ricerche condotte sulle cavie bisogna capire se la trasposizione su esseri umani avrebbe gli stessi risultati ma, nel frattempo, possiamo domandarci come vorremmo gestire una scoperta del genere e tutelarci dai possibili utilizzi negativi che se ne possono fare, cercando di preservarne le applicazioni positive.

www.cristinapozzi.com

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