Passaggio generazionale

Le aziende non preparano gli eredi? Al via un corso universitario per la successione

Un’indagine Korn Ferry dimostra che solo il 36% dei manager a livello globale è soddisfatto del succession management in azienda. Intanto, AIdAF ed EY lanciano una cattedra in Strategia delle aziende familiari presso la Bocconi per gestire la staffetta

Pubblicato il 13 Mar 2015

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Il passaggio di consegne nelle aziende è uno dei momenti più delicati, temuto dalla gran parte dei manager. Tuttavia, in pochi pensano per tempo a preparare i successori e la tendenza generale è di rimandare il problema.

Soltanto un manager su tre è soddisfatto delle politiche di avvicendamento della propria azienda e uno su quattro ha già una lista di candidati validi ad assumere il timone, secondo un’indagine di Korn Ferry, società che si occupa di ricerca e servizi di consulenza manageriali.

Lo studio, commissionato a Hanover Research la scorsa estate (agosto-settembre 2014) e condotto su aziende di 54 Paesi, con un numero di dipendenti variabile fra i 500 e i 50 mila, dimostra come il tema del succession management (gestione dell’avvicendamento) sia poco radicato nella cultura aziendale e non si traduce in piani concreti che hanno una continuità nel tempo.

Soltanto il 36 per cento degli intervistati si ritiene “soddisfatto” o “molto soddisfatto” dei programmi per i cambi di vertice della propria azienda, e il 23 pensa di aver individuato le persone giuste per gestirla in futuro.

“I programmi per la successione – spiega RJ Heckman, presidente di Korn Ferry Leadership and Talent Consulting – devono saper guardare più avanti rispetto al momento in cui si presenta la necessità, legata al business o alla selezione di talenti di terminate professionalità; devono riuscire a creare un approccio alla gestione della successione aziendale sistemico, più agile ma soprattutto permanente.”

Il rischio è che non solo ci si trova impreparati quando l’avvicendamento di figure dirigenziali diventa necessario, ma che si possano perdere importanti risorse e potenziali successori. “È molto frequente che quando si presentano delle occasioni di promozione – spiega Maurizia Villa, managing director di Korn Ferry in Italia – le aziende si rivolgano all’esterno della loro organizzazione per trovare i manager per occupare quelle posizioni. Il mix ideale di risorse create in azienda o acquisite dall’esterno non dipende dalla strategia di business e dallo sviluppo di un’organizzazione”.

“Per esempio, è normale – continua Villa – che una startup debba contare molto di più sull’acquisizione di talenti dall’esterno. Indipendentemente dalla strategia, però, quando le aziende fanno eccessivo affidamento sulle professionalità provenienti dall’esterno, probabilmente si evidenzia una mancanza di fiducia nel processo di successione manageriale e nel fatto che questo processo non vada troppo in profondità”.

Se la strategia di successione ha poco peso nelle aziende dipende anche dal fatto che molte sono a gestione familiare e il timone passa di padre in figlio. Ma anche in questo caso il passaggio di consegne non è privo di insidie ed è necessario assicurarsi che l’erede sia in grado di portare avanti la gestione aziendale.

Assicurarsi che la nuova generazione di manager del futuro sia in grado di accogliere la sfida e di proseguire il lavoro svolto è uno degli obiettivi della nuova cattedra AIdAF-EY in “Strategia delle aziende familiari in memoria di Alberto Falck”, presso l’Università Bocconi di Milano.

Diretta da Guido Corbetta, è la prosecuzione di un esperimento, nato nel 2004, su modello di cattedre anglosassoni finanziate da donatori privati. Con il sostegno di EY (Ernst&Young), AIdAF (Associazione Italiana delle Aziende Familiari) e di una serie di imprese familiari italiane, la cattedra ha l’obiettivo di sviluppare la ricerca, l’insegnamento e la partecipazione ad attività istituzionali collegate all’impresa familiare.

“Solo grazie ad analisi serie e continuative si esce dai luoghi comuni con cui vengono descritte le imprese familiari – spiega Elena Zambon, presidente dell’Associazione italiana delle imprese familiari – per studiare e valorizzare piuttosto i tratti distintivi che contraddistinguono il sano tessuto imprenditoriale di questo Paese. Si scopre così come siano proprio le imprese familiari, che perseguono alcune importanti scelte di fondo, a dare continuità e stabilità a una politica economica che pur in momenti economici difficili, deve guardare con coraggio e determinazione ad un futuro di crescita possibile”.

Le imprese che si tramandano di padre in figlio non solo rappresentano il 30-40 per cento delle aziende europee, ma sono molto diffuse anche nelle economie emergenti come Cina, India, Brasile e Corea del Sud. In Italia, poi, sono una parte importante del tessuto economico, essendo il 40,7 per cento delle 300 più grandi aziende. Nove delle dieci più grandi imprese al mondo nel settore del lusso sono a controllo familiare, così come cinque su dieci nella distribuzione e quattro su dieci nel settore automobilistico.

“Abbiamo scelto di investire nella costituzione di una cattedra permanente – sottolinea Donato Iacovone, amministratore delegato di EY Italia e EY Mediterranean managing partner -, primo polo universitario dedicato a formare giovani pronti a far competere le nostre imprese familiari sui mercati mondiali e di coinvolgere il nostro Centro di Eccellenza Globale, proprio per fornire, attraverso l’esperienza globale di EY, un supporto concreto alle diverse esigenze dei family business”.

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