Finanziamenti

Finanziare una startup con i fondi pubblici: ecco come

Dall’incontro “2 Found 2 Raise” al Working Capital di Milano, ecco le dieci regole da tenere a mente quando si va a caccia di bandi europei, nazionali e regionali. Dalla valutazione dei costi alla presa in considerazione dei tempi fino alla scelta dello strumento più adatto da utilizzare

Pubblicato il 15 Set 2014

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Trovare i fondi per far partire la propria startup è la prova del nove a cui tutti prima poi devono sottoporsi. Per molti la soluzione è iniziare a bussare alla porta di investitori privati con la speranza di catturarne l’interesse e convincerli a mettere mano al portafoglio. Sempre più persone, con un aumento del 600 per cento nell’ultimo anno, scelgono di provare il crowdfunding, che però non va pensato come un palliativo ma piuttosto come uno strumento di marketing per promuovere il proprio progetto e dove spesso vige il concetto “uno su mille ce la fa”.

Arrivati al capitolo bandi pubblici, molti sgranano gli occhi. Bandi regionali, provinciali, finanziati dalle camere di commercio, europei: una matassa che appare impossibile da districare. Eppure, se saputi interpretare, questi bandi possono diventare i più grandi alleati della propria idea e permettono di abbattere anche del 50% i costi di sviluppo di un progetto imprenditoriale. Il workshop “2 Found 2 Raise” tenuto nella sede di Working Capital a Milano il 9 settembre, mirava a fare un po’ di luce su questo mondo.

Oltre due ore e mezza di seminario nelle quali Paolo Franceschini di Idea-re, azienda che dal 2011 si occupa di consulenza specializzata in finanza agevolata e startup di impresa, ha fornito le coordinate per identificare e sfruttare lo strumento migliore per la propria idea oltre a una serie di consigli pratici su come impostare il lavoro sulla propria startup e sull’atteggiamento da avere.

Si è provato a sfatare anche alcuni miti. È vero a metà, per esempio, che l’Italia non sfrutta i finanziamenti europei. Quelli diretti vengono sfruttati eccome, e il nostro Paese è tra i primi quattro a farlo meglio. Sono quelli indiretti, che comportano da parte delle Regioni la creazione di bandi appositi, la rendicontazione ecc, dove non brilliamo. Caso più evidente nelle regioni del Sud. È esatto invece che per ogni euro di fondi che versiamo all’Unione europea, ne prendiamo solo 70 centesimi, finendo a finanziare la ricerca e i progetti degli altri Stati.

Europei, Nazionali o Regionali: ogni tipologia di bando pubblico ha i propri tempi e modalità. E se per quelli europei possono passare solo otto mesi dalla presentazione del progetto al momento in cui si firma il contratto (come per Horizon 2020, focalizzato su ricerca e innovazione e con circa 80 miliardi di ero di fondi a disposizione), per quelli nazionali i tempi sono più aleatori ma solitamente a copertura quasi totale dei fondi necessari.

Horizon 2020 è un grosso contenitore, strutturato in molti sottotemi. Per questo è importantissimo posizionarsi in quello giusto. Le macro-aree sono tre: creare leadership industriale, affrontare le sfide sociali, far emergere eccellenze nel campo della scienza. Anche le startup possono partecipare a Horizon, l’importante è che abbiano un progetto già avviato. Le percentuali di finanziamento variano dal 70% al 100% , anche se la concorrenza è altissima. Un’ulteriore possibilità messa a disposizione dall’Europa è lo SME Instrument, che permette di accedere a ulteriori finanziamenti.

Riguardo ai bandi regionali, ogni Regione si fa finanziare dallo Stato o dall’Europa un programma di riferimento, solitamente di durata triennale. L’Emilia Romagna, per esempio, ne stanno definendo proprio in questi giorni le linee guida mentre al 16 ottobre si potrà fare domanda di contributo per il bando Ricerca e Innovazione della Lombardia (Bandoimpreselombarde.it è il sito da consultare).

Per chi vive al Sud il bando a cui fare riferimento è invece Smart Start, che ha un fondo di 203 milioni di euro per incentivare le nuove imprese del Mezzogiorno e dei Comuni del cratere sismico Aquilano che puntano sull’innovazione. Possono partecipare singoli o raggruppamenti e di solito si riesce a ricevere circa il 50 per cento di quanto necessario a partire a fondo perduto.

Ecco le dieci regole da tenere a mente:

  1. Valutare i costi
  2. Avere una visione ampia di come potrebbe svilupparsi il progetto dall’avvio ai due anni successivi.
  3. Partecipare ai bandi. Ogni volta si ottiene un report di valutazione, così da capire dove si sbaglia e cosa si può migliorare.
  4. Capire qual è lo strumento più adatto per ogni fase del proprio progetto.
  5. Non essere rigidi. Se l’idea in assoluto non va bene per un dato bando, una sua parte può essere perfetta per un altro
  6. Ricordare, riguardo ai progetti Europei che si fanno in consorzi. La rete Enterprise Europe Network può aiutare a connettere le intelligenze e a far sviluppare le idee.
  7. Ricordarsi che, in quanto depositaria dei fondi, la Commissione europea diventerebbe socia di quel che proponete. Quindi vale davvero la pena dare al vostro progetto le migliori risorse (umane soprattutto) che merita.
  8. I tempi sono lunghi e bisogna partire almeno con un anno d’anticipo. Per questo l’idea che funziona è quella che anche tra 5 anni potrebbe essere considerata innovativa.
  9. Avere bene in testa dove si vuole arrivare e come si vuole farlo.
  10. Innovare. I primi progetti di stampa in 3D e digitale sono del 2000.

La vostra idea regge il confronto?

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