Scenari

Sono i dati a rendere intelligente la casa digitale

Se ci si ferma al concetto di accendere/spegnere qualcosa a distanza non si comprende la portata della rivoluzione possibile con la Smart Home. Lo strumento si chiama Internet delle Cose. E le imprese italiane possono fare molto e avere un’opportunità globale

Pubblicato il 29 Lug 2014

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Pietro Paganini

Dopo l’invito lanciato su EconomyUp a concentrarci sulla “Smart Home”, ho ricevuto molti messaggi e questo perché la casa rappresenta una grande opportunità per le nostre PMI che operano nel settore. Ho raccolto apprezzamenti e alcune puntualizzazioni. Credo, quindi, sia molto utile approfondire quella che potrebbe essere una vera e propria rivoluzione, non solo per noi che viviamo gli spazi, ma anche per chi produce le cose che riempiranno quei luoghi: le nostre imprese, appunto.


L’Internet delle Cose è lo strumento per dare vita alla rivoluzione, al pari della stampante 3D. Non solo i dispositivi che usiamo in casa e ufficio, come gli elettrodomestici, ma qualsiasi oggetto che ci circonda può essere digitalizzato, relazionato ad altri oggetti, all’ambiente, a noi e impiegato per produrre, immagazzinare ed elaborare dati e quindi informazioni. La Casa Intelligente, o meglio, il vivere intelligentemente, non è una semplice automazione delle cose, bensì la loro animazione attraverso il digitale. E’ questo il salto che dobbiamo fare.

Qui lo stato dell’Internet of Things secondo una ricerca degli Osservatori.net



Nel precedente articolo avevo evidenziato due elementi fondamentali:

le nostre imprese devono imparare a digitalizzare gli oggetti che producono e relazionarli tra di loro, devono cioè farli interagire tra loro, con altri, comunicare, e quindi scambiarsi dati e informazioni;
le nostre imprese devono sensibilizzare i clienti, cioè noi, a non gioire solo per banali processi di automazione delle cose, ma per la quantità di dati e informazioni che l’automazione ci aiuta a produrre.
Fatto questo, c’è la necessità della cosiddetta scalabilità. Le nostre imprese devono trovare la formula per mettere sul mercato prodotti innovativi, unici ma sopratutto esportabili, per avere numeri importanti. Questo aspetto è fondamentale per creare modelli di business di successo.

La semplice automazione è certamente un’evoluzione positiva e utile per tutti noi, ma appartiene forse ad un vecchio paradigma industriale o quello che potremmo definire archeologia digitale. Sembra che in tanti condividiate l’ipotesi che la domotica e l’automazione stricto sensu non sono altro che un acceso/spento gestito via Internet. Ma continuare così significa non sfruttare il vero potenziale della rete e soprattutto delle cose. Accendere o spegnere una lavatrice a distanza è utile. Sapere cosa manca o sta per scadere nel congelatore anche. Creare eventi con impianti di illuminazione e riscaldamento quando si verificano certe condizioni lo è di più. Il vero potenziale sta tuttavia altrove, cioè nei dati che le cose raccolgono ed elaborano, immagazzinano e scambiano, e soprattutto nelle relazioni che saremo in grado di creare tra noi, i dati e l’ambiente in cui siamo (noi e le cose) immersi.



La telecamera che riconosce un’atteggiamento sospetto è più interessante di una che riconosce i movimenti e basta. Una cucina consapevole del nostro stato fisico e mentale risponde alle nostre esigenze più di un congelatore che memorizza i prodotti che contiene. Così un impianto di raffreddamento che riceve gli input direttamente dalle previsioni del tempo e non solo dai sensori esterni e che è collegato ad un dispositivo che misura il nostro stato di salute, ci è più utile.

L’alleanza fra una piccola impresa e un incubatore per finanziare startup nell’automazione domestica

Questi oggetti sono allo stesso tempo – anzi, prima di tutto – dei dati e quindi richiedono competenze molteplici nella fase di progettazione e produzione. In Italia siamo ricchi di professionalità quando si tratta della casa e della qualità del vivere, ma siamo anche in grado di produrre know-how nel settore del digitale. Serve quindi fare sistema, aiutare le imprese a farlo e soprattutto aiutarle a digitalizzarsi. Mi avete scritto anche di questo, ne parleremo la prossima volta.

* Pietro Paganini è Curiosity Chair di Competere – @pietropaganini

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