Luca Colombo: Facebook è uno strumento per fare business

I dati dicono che la pubblicità è l’anima del social network. Il country manager Italia racconta come sta cercando di coinvolgere le aziende. «Non si può andare sul social solo perché è cool. Servono obiettivi chiari e misurabilità dei risultati»

Pubblicato il 28 Lug 2014

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Luca Colombo, country manager Italia di Facebook

C’è la piccola società che propone occasioni di soggiorno al Sud (Bellavitainpuglia) che ha visto aumentare del 40% il traffico sul sito e le vendite del 20%. C’è la startup (Lovethesign) che in un anno ha raggiunto 100mila fan e ha visto crescere del 57% il conversion rate, il numero di visitatori diventati utenti (quindi, la produttività). Ma c’è anche la multinazionale (Reckitt Benckinser) che ha venduto il 25% in più di profilattici ma anche di disinfettante per biancheria. Nella sede italiana di Facebook snocciolano con soddisfazione le prove dell’efficacia del social network come strumetno di business.

Gli ultimi dati arrivati da Menlo Park dicono che il secondo Paese del mondo (1,32 miliardi di abitanti più o meno affezionati) è ormai una grande piattaforma di promozione: nel secondo trimestre i ricavi sono cresciuti del 61% (2,91 miliardi) soprattutto grazie alla pubblicità (2,68 miliardi di fatturato, con incremento del 67% rispetto al secondo trimestre). Insomma, a 10 anni dalla sua nascita la creatura di Zuckerberg è un media a tutti gli effetti. E non è un caso se anche in Italia, pur in assenza di dati ufficiali, fra gli addetti ai lavori circola la convinzione che Facebook sia ormai la seconda concessionaria, dopo Google.

Luca Colombo, country manager dal novembre 2010, una laurea in ingegneria al Politecnico di Milano e una precedente esperienza in Microsoft, non commenta ma conferma che è in corso un grande lavoro per far comprendere l’opportunità alle aziende italiane, piccole, medie e grandi. E non potrebbe essere diversamente visti i numeri (gli unici ufficiali a livello nazionale): 25 milioni di persone attive in un mese, di cui 19 attraverso smartphpone o tablet. «L’anno scorso erano 14 milioni, tanti quanti sono oggi in un giorno», sottolinea Colombo, che sta guidando un’importante fase di sviluppo della società in Italia: una nuova sede ispirata alla filosofia aziendale ma “localizzata” con una mensa a forma di latteria; nuovi inserimenti in staff per la comunicazione (Sara Ranzini), il marketing (Sylvain Querne) e i public affair (Laura Bononcini); un’intensa attività di formazione e aggiornamento che si ferma qualche giorno in agosto per riprendere subito senza tregua.

«Stiamo crescendo velocemente, seguendo l’evoluzione del mercato», osserva Colombo. «L’Italia ha chiuso il gap che la separava dal quadro internazionale: ha un rapporto utenti quotidiani/mensili del 76% contro la media internazionale del 60%. E la parte mobile è quella sulla quale stiamo investendo, perché è ormai il primo canale di accesso. Fino a 6 mesi fa non era così».

Adesso la missione ha questo titolo: Demistyfying Facebook. Cosa vuol dire? «Cancellare la distanza fra mito e realtà. Dobbiamo essere più bravi a raccontare quanto possa essere utile per fare business», spiega Colombo. «Selezionamo le aziende da visitare per spiegare come e perché dovrebbero investire di più su Facebook. Stiamo facendo molta semina fra le grandi imprese. Per le piccole vale di più il self service: offriamo una serie di strumenti online». Le parole d’ordine sono: mobile (e abbiamo visto perché); video (FB è il secondo “distributore” dopo YouTube); measurement, cioè misurare i risultati. «Non si può andare su Facebook solo perché è cool», dice lo stesso Colombo. «Quindi noi dobbiamo conoscere quali sono i parametri per misurare l’efficacia. L’azienda deve fissare i suoi obiettivi, noi poi la aiutitamo a misurarli. Vuole aumentare le vendite o i clienti? Deve portare più visitatori sul sito o soltanto aumentare la notorietà di un brand?». Quindi «non ci sono più solo i like o i fan o l’engagement». Obiettivo: riallineare investimenti pubblicitari e trafficio. «Quanti sanno che possono raggiungere 19 milioni di itaiani ogni giorno andando su Facebook. Il social», lamenta Colombo, 1è ancora un di cui degli investimenti digitali. È la punta di una piramide che noi dobbiamo ribaltare».

Ma le aziende, e chi lavora per e con loro, si lamentano che Facebook cambia spesso regole e metriche, rendendo difficile misurare i risultati….«Facebook è uno strumento nuovo e noi andiamo veloci», risponde Colombo, che corre almeno tre mattine a settimana. «I vantaggi sono che con noi si scoprono cose nuove. Lo svantaggio è che dobbiamo essere seguiti». Ma perché cambiate? «Siamo in un mercato in costante evoluzione dove anche la più piccola startup può inventarsi qualcosa di nuovo ed efficace. Noi dobbiamo andare più veloci degli altri perché neanche Facebook è immune dalla concorrenza. Quale dovrebbe essere l’alternativa? Stare fermi? Se l’avessimo fatto un anno fa, oggi avremmo perso i consumatori che sono passati dal fisso al mobile. Meglio stare tutti tranquilli nel breve o investire nel medio e lungo periodo e creare valore per tutti?». Domanda retorica a cui Colombo aggiunge un altra motivazione per quel “maledetto” algoritmo che cambia in continuazione: «Quello che è fondamentale è la rilevanza per chi si collega. Noi dobbiamo far tornare gli utenti. Perché senza saremmo morti». Perché non ci sarebbe più nulla da vendere nè alle grandi nè alle piccole aziende.

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