“La risposta ai cambiamenti climatici, all’ecosistema in difficoltà, alla distribuzione della ricchezza a dir poco squilibrata, a una crisi economica che non ha dato tregua per anni, è la sharing economy, l’economia a costo marginale zero. È un’economia basata sull’internet delle cose, l’unica soluzione che può, in breve tempo, salvare una specie, quella umana, che altrimenti potrebbe non vedere la fine del secolo”. Parola di Jeremy Rifkin, il visionario economista americano che ha aperto oggi Forum PA, la manifestazione della pubblica amministrazione in corso fino a giovedì 26 a Palazzo dei Congressi a Roma.
Economista, scrittore ed attivista, Rifkin è considerato una delle 150 personalità che influiscono maggiormente sull’amministrazione pubblica degli Stati Uniti. Oltre ai saggi tradotti in varie lingue (La fine del lavoro, The Biotech Century, La civiltà dell’empatia), Rifkin è conosciuto per le consulenze per enti e istituzioni pubbliche. Da qui la presenza al summit dedicato alla pubblica amministrazione italiana. Dove ha parlato, tra le altre cose, di sharing economy.
Il termine sharing economy, o economia della condivisione, è in realtà declinato in vari modi e la questione su cosa si intenda esattamente per sharing economy è tuttora aperta e fonte di dibattito internazionale, anche perché il fenomeno è relativamente recente e in forte espansione. Per questi motivi, tra l’altro, si sono sviluppate una varietà di definizioni parallele: da “peer economy” a “economia collaborativa”, da “economia on-demand” a “gig economy” a “consumo collaborativo”. Termini a volte usati in modo intercambiabile, ma che, secondo gli esperti, indicano in realtà settori molto diversi.
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Jeremy Rifkin ha messo l’accento sui concetti di “relazioni”, Internet of Things e industria 4.0. In particolare ha indicato la necessità per ogni Paese di nominare un commissario specifico per la sharing economy, per capire quali regole e policy applicare a un paradigma del tutto nuovo. E ha sostenuto che le pubbliche amministrazioni possono essere pionieri in questo campo e incentivare direttamente il nuovo modello, per esempio attraverso i servizi di car sharing con auto elettriche o le smart grid (gestione intelligente della rete).
“L’economia è come la natura: si basa su relazioni, sistemi. E dunque cambiare le cose si può” ha detto Rifkin nel suo intervento. Intervistato da La Repubblica, che gli ha ricordato l’esistenza nel nostro Paese di una proposta di legge sulla sharing economy e gli ha chiesto quali regole sono necessarie per disciplinarla, l’economista ha sostenuto: ”Ogni Paese avrebbe bisogno di un commissario specifico per la sharing economy, per vedere quali regole e policy applicare a questo paradigma del tutto nuovo. Per esempio per tutelare sicurezza e privacy dei dati; per mantenere neutrale il network che è alla base della condivisione e assicurare una corretta concorrenza. Questa visione sta prendendo forma nei nuovi programmi europei di finanziamento, del tutto ripensati di recente alla luce delle priorità della nuova rivoluzione industriale. I fondi ci sono, la direzione voluta dall’Europa è chiara. Ora bisognerà vedere se il nuovo modello entrerà a fondo nella pubblica amministrazione. Il problema è che le Regioni continuano a spendere fondi per mettere cerotti alle vecchie infrastrutture della seconda rivoluzione industriale, invece di pensare a costruire le nuove”.
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Proprio le pubbliche amministrazioni, secondo Jeremy Rifkin, possono essere soggetti attivi nell’adottare la trasformazione introdotta dalla sharing economy. “Possono essere pionieri e incentivare direttamente il nuovo modello. Le città possono avviare servizi di car sharing con auto elettriche, come avviene a Parigi. Fare smart grid (gestione intelligente della rete) con fotovoltaico su palazzi e condividere l’energia. Possono arrivare a condividere i propri database di informazioni, per esempio su trasporto e salute.”
Il visionario economista ha quindi esortato l’Italia debba al più presto abbracciare questa nuova, terza rivoluzione industriale basata sulla digitalizzazione. “Il vostro paese vanta eccellenze di ogni tipo: perché allora la Germania produce autonomamente il 32% della propria energia, e voi no?”. (L.M.)