Startupbusiness

Passera: servono criteri di mercato per la legge sulle startup

Secondo l’ex ministro dello Sviluppo economico, ora candidato sindaco di Milano, sono necessari nuovi standard per selezionare le nuove imprese innovative: una possibilità è quella di dare lo status di startup alle neoaziende che ricevono interesse e finanziamenti da parte di operatori in capitale di rischio o industriali

Pubblicato il 19 Feb 2016

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Corrado Passera

Dovevamo abbattere la diga e l’unico modo per farlo fu quello di definire per decreto i criteri di selezione. Oggi quella diga è stata abbattuta ed è giunto il momento di cambiare rotta affidandoci a modalità di selezione di mercato”. Così Corrado Passera, oggi candidato sindaco a Milano commenta la legge sulle startup innovative da lui voluta, e che porta il suo nome, quando era ministro dello Sviluppo economico durante il governo Monti.

La legge fu fatta in un momento in cui le startup non erano ancora entrate nel radar di attenzione delle istituzioni e portarcele fu mossa indovinata. Ora però quella legge va rivista. Intanto gli va tolto il peccato originale: quello del modello di definizione delle startup innovative che avviene appunto secondo criteri definiti per decreto a seconda di quanto il mercato apprezza un’impresa per la sua capacità di innovazione e di crescita potenziale. Una strada per categorizzare le imprese innovative alle quali concedere le agevolazioni potrebbe essere quella di dare lo status di startup a quelle che ricevono interesse e finanziamenti da parte di operatori in capitale di rischio o industriali e quindi dal mercato di chi investe nelle nuove imprese.

Rivedere la legge è importante non solo per togliere l’imprinting statalista ma anche e soprattutto perché quella legge così come è oggi non sta funzionando come dovrebbe. Il ministero dello Sviluppo economico si limita a elencare il numero crescente di startup che si autocertificano per aderire ai criteri del decreto ma non si sta verificando, non almeno negli anni tra il 2013 e il 2015 con la legge in vigore, una crescita degli investimenti, ma nemmeno si sta verificando una crescita delle imprese, le circa 5 mila startup che si sono iscritte agli elenchi speciali infatti non hanno prodotto granché in termini di valore industriale, di fatturati o di posti di lavoro. Alla fine l’attuale legge ha prodotto solamente un lunghissimo elenco di nascenti aziende molte delle quali finanziate dallo Stato stesso e in molti casi con formule a fondo perduto che stanno andando da nessuna parte perché non interessanti per il mercato né quello degli investitori né quello di potenziali clienti.

In ottica di rapporto tra mercato ed ecosistema delle startup il candidato sindaco, in occasione di un incontro con alcune testate online che operano nell’area milanese, ha condiviso il principio che l’ente pubblico non si deve mettere in concorrenza con i privati, non deve quindi fare co-working o incubatori, non deve fare l’investitore o erogare fondi a pioggia, ma deve agire da facilitatore per dare maggiore forza alla creazione di un terreno fertile per lo sviluppo della nuova imprenditoria la quale non è solo creazione di impresa ma anche cultura, consapevolezza del cambiamento, generazione di modelli organizzativi nuovi.

A Milano dobbiamo lavorare per favorire la costruzione di un ecosistema capace anche di attirare talenti e idee da fuori e lo possiamo fare non tanto con strumenti come la leva fiscale, ma con lo sviluppo di un contesto che renda più facile vivere e lavorare a Milano anche per chi vuole fare l’imprenditore”, aggiunge Passera mostrandosi d’accordo con l’idea di un progetto dove la qualità e la capacità di crescita delle imprese conta più della loro quantità, e dove il ruolo di Milano deve avere l’ambizione di divenire centro di innovazione d’impresa di portata continentale e con attenzione anche verso l’area mediterranea.

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